Per fronteggiare con più efficacia e incisività l'aggressività della criminalità organizzata, da identificare in senso lato, con il fenomeno mafioso, i Governi e i Parlamenti che si sono succeduti in Italia in quest'ultimo quindicennio hanno emanato una serie di provvedimenti, che si possono sintetizzare nella cosiddetta "legislazione dell'emergenza mafiosa" in analogia alla legislazione emanata negli anni '70 e nei primi anni '80 per fronteggiare l'emergenza terroristica.
Si tratta di una molteplicità di norme volte ad agevolare l'attività investigativa e repressiva delle Forze di Polizia e della Magistratura, già illustrate dagli Oratori che mi hanno preceduto.
A me preme sottolineare, quale Capo del Reparto Operativo del SISDe, che di tutte queste norme una sola parla dei Servizi di Sicurezza, e cioè
l'art. 2 della Legge 30 dicembre 1991, n. 410, istitutiva della D.I.A., che ha affidato ai Servizi di Sicurezza, rispettivamente al SISDe per l'area interna e al SISMi per l'area esterna, l'attività informativa volta a contrastare l'attività della criminalità organizzata, che, minacciando le istituzioni e lo sviluppo della civile convivenza, viene ritenuta potenzialmente eversiva.
Tale compito, assolutamente nuovo per i Servizi, si aggiunge a quelli specificati nella
legge 801/1977 istitutiva del SISMi (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare) e del SISDe (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica), legge che demanda al SISMi tutti i compiti informativi per la difesa, sul piano militare, dell'indipendenza e dell'integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia e aggressione, e al SISDe tutti i compiti informativi per la difesa dello Stato democratico e delle Istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento contro chiunque vi attenti e contro ogni forma di eversione.
La Legge 801 e la Legge 410 hanno due denominatori comuni:
a. entrambe affidano ai Servizi la tutela della sicurezza nazionale;
b. tale tutela deve essere svolta mediante l'attività informativa.
L'attività dei Servizi ha quindi carattere esclusivamente cognitivo, essendo rivolta alla ricerca e alla raccolta di dati e di informazioni.
Generalmente, tale attività informativa è nota come attività di INTELLIGENCE, termine abusato che significa sostanzialmente un complesso processo che, attraverso la ricerca e la raccolta di informazioni di diversa natura e la relativa analisi, sfocia in un quadro di valutazione per la comprensione e la previsione di eventi, fenomeni e comportamenti meritevoli di attenzione per i loro contenuti di minaccia, attuale o potenziale, alla sicurezza nazionale, da identificare con gli interessi vitali dello Stato.
Oggi la sicurezza dello Stato si identifica soprattutto con la stabilità politica, la tutela e la credibilità delle Istituzioni, la difesa del sistema economico nazionale, la lotta alla criminalità e ai suoi traffici, la fiducia nei rapporti economici e commerciali, la pace sociale, la crescita dell'occupazione, l'integrazione degli emarginati e dei disadattati, la protezione dei risultati della ricerca scientifica e industriale, ecc.
Alla locuzione "attività d'intelligence" vengono sempre abbinati gli strumenti utilizzati dai Servizi per l'acquisizione delle informazioni. Come dicevo sopra, la legislazione dell'emergenza mafiosa ha dato agli Organi della Polizia Giudiziaria nuove possibilità e più incisivi mezzi di investigazione, quali le intercettazioni telefoniche e ambientali preventive, perquisizioni d'iniziativa, la cosiddetta "consegna controllata" di droga, armi e proventi di riciclaggio, l'acquisto simulato di detto materiale, colloqui investigativi nelle carceri ecc.
Ebbene, queste enormi possibilità investigative non sono consentite ai Servizi perché gli appartenenti ai Servizi non sono Agenti e Ufficiali di P.G., né è prevista un'estensione, per analogia di tali poteri.
Molti affermano che ciò non è previsto perché gli appartenenti ai Servizi possono svolgere tali attività in forma non convenzionale. E qui tocchiamo il cosiddetto "punctum dolens"! Sulla liceità delle cosiddette azioni non convenzionali svolte dai Servizi di Sicurezza esiste oggi una vasta letteratura, parte della quale le ritiene lecite se connotate da legittimità, se sono cioè finalizzate all'assolvimento dei compiti istituzionali assegnati ai Servizi di Sicurezza.
Si tratta di azioni formalmente illegali (azioni sotto copertura, intercettazioni ambientali, uso di mini-apparati elettronici per pedinamenti ecc.), che gli operatori di tutti i Servizi del mondo sono talvolta necessitati a compiere per ricercare informazioni, non altrimenti ottenibili, per la sicurezza dello Stato.
Purtroppo, per noi appartenenti ai Servizi di Sicurezza italiani, ciò è interdetto perché, secondo la Magistratura, è incompatibile con il principio di legalità cui tutti i cittadini, compresi gli appartenenti ai Servizi, devono sottostare. Ma se così è, mi sembra quanto mai problematico comprendere le ragioni della presenza dei Servizi di Sicurezza, giacché le attività informative di tipo convenzionale per fini previsionali sono agevolmente svolte da Organi delle Forze di Polizia quali, in Italia, la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione del Dipartimento della P.S., riguardo all'eversione ed al terrorismo, e la Direzione Investigativa Antimafia, riguardo all'attività informativa preventiva nel settore della criminalità organizzata di tipo mafioso.
Sta di fatto che, in attesa di apposite norme che possano disciplinare la materia, il SISDe si è dovuto adeguare alla situazione, astenendosi dalle azioni non convenzionali. Oggi i nostri operatori tecnici sono impiegati di supporto agli Ufficiali di P.G. per facilitare loro l'accesso nei luoghi ove devono essere collocati strumenti elettronici per le intercettazioni ambientali e per altre operazioni tecniche che richiedono l'uso di strumenti sofisticati e di tecnici qualificati nel contesto di attività di Polizia Giudiziaria autorizzate dall'Autorità Giudiziaria.
Ciò ha comportato un ribaltamento della ratio della norma di cui all'ultimo comma dell'art. 9 della Legge 801/77 sopra ricordata, nel senso cioè che il rapporto di collaborazione tra Ufficiali-Agenti di P.G. e funzionari dei Servizi si è invertito: non sono i primi che devono prestare ogni possibile collaborazione ai Servizi, come stabilisce tale norma, bensì gli operatori tecnici del Servizio che in effetti vengono a rivestire, nei casi sopra citati, la qualifica di ausiliari degli Organi di P.G.
Ma tale collaborazione non esaurisce affatto l'impegno del SISDe nella lotta contro la criminalità organizzata.
Allo stato attuale, delle azioni cosiddette non convenzionali il SISDe utilizza soltanto gli informatori: impiego assolutamente lecito, legalizzato anche dall'art. 203 del C.P.P., che consente ai funzionari del Servizio di non rivelare i loro nomi.
Gli informatori del SISDe non sono solo soggetti contigui alla criminalità organizzata, che pure sono necessari per capire cosa avviene all'interno dei sodalizi criminosi ovvero per la localizzazione dei latitanti.
Al momento, gli informatori vanno ricercati soprattutto negli ambienti economico-finanziari perché l'impegno del SISDe nella lotta alla criminalità organizzata si incentra soprattutto sulla cosiddetta "intelligence economica", in base alla considerazione che la criminalità mafiosa ha subito, come è noto a tutti gli addetti ai lavori, un'evoluzione che l'ha trasformata da organizzazione prettamente criminale ad holding di potere economico-criminale. Essa, cioè, si trova attualmente non solo nella necessità di acquisire ricchezza, ma di gestire la ricchezza acquisita con il conseguente inquinamento criminale dell'economia legale che tutti conosciamo: i capitali di illecita provenienza, proprio per l'oggettiva necessità di dover essere comunque investiti in considerazione della loro ampiezza, hanno cominciato a diffondersi nei circuiti dell'imprenditoria e del commercio con effetti devastanti.
L'intelligence economica richiede una cultura specifica, tutta da costruire, che può essere realizzata gradualmente attraverso una forte e condivisa cooperazione tra i Servizi stessi e le altre Istituzioni dello Stato.
A tal fine il SISDe, nel contesto della ristrutturazione interna attuata all'inizio del corrente anno, ha istituito nell'ambito del Reparto Operativo la "Divisione Contro-Minaccia Economica e Industriale", articolata in tre sezioni, una delle quali si interessa specificamente dei flussi finanziari illeciti.
Il personale addetto sta acquisendo tecniche d'intelligence attinenti ad un settore nuovo, ma che sono strettamente connesse con la realtà operativa già affrontata sul campo, come ha dimostrato la cosiddetta "Operazione Cannizzo" denominata anche "
Operazione Forziere", conclusa recentemente dalla Guardia di Finanza sotto la direzione dell'autorità Giudiziaria di Catania, su input informativo del SISDe.
Un'operazione che ha consentito di scoprire un sofisticato e complesso sistema di riciclaggio di ingente denaro di una cosca mafiosa, del quale sarà fornito, da un collega che l'ha seguita, un quadro completo in occasione del seminario in programma nella giornata di domani.
Questa operazione comprova che l'attività d'intelligence non può prescindere dal fattore umano, sia nel senso che essa deve essere condotta dall'uomo, sia nel senso che deve essere indirizzata verso soggetti ritenuti protagonisti dell'attività criminosa.
In effetti, l'input informativo di cui facevo cenno sopra è stato fornito al Servizio da un informatore inserito in particolari ambienti economico-finanziari: quelli dell'intermediazione finanziaria che, in base alla legge n.197/1991, è riservata alle SIM, Società di Intermediazione Mobiliare (oltre che alle aziende ed agli istituti di credito).
Per le SIM, il legislatore ha stabilito un particolare regime di trasparenza, prevedendo la loro iscrizione in un apposito albo istituito presso la CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa), previo accertamento della sussistenza dei requisiti di professionalità e di onorabilità per gli amministratori, Direttori Generali ed altri dirigenti investiti di potere di rappresentanza e di controllo.
Tale regime sembra idoneo a prevenire abusi e illegalità, ma purtroppo così non è, perché, accanto alla stragrande maggioranza delle SIM che si attengono scrupolosamente alle disposizioni di legge, ve ne sono alcune, tra le più piccole, che si dimostrano disponibili ad aprire qualche varco nelle maglie della normativa antiriciclaggio, non osservando gli obblighi imposti dalla legge n. 197/1991 e cioè:
a. l'identificazione e la registrazione dei dati dei soggetti per conto dei quali vengono compiute trasmissioni o movimentazioni di mezzi di pagamento di qualsiasi tipo, che siano d'importo superiore ai 20 milioni di lire o altre operazioni d'importo inferiore allorché, per la natura e le modalità, si ritiene che esse siano parti di un'unica operazione.
b. la segnalazione delle operazioni sospette e cioè di quelle che, per caratteristiche, entità, natura e per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate dai funzionari delle SIM, tenuto anche conto della capacità economica e dell'attività del soggetto, inducano a ritenere che il denaro, il bene e le altre utilità, oggetto delle operazioni, possano provenire da delitti.
Non è da escludere, però, che qualche SIM sia stata costituita direttamente dalle cosche mafiose, ricorrendo a soggetti con requisiti di professionalità ed onorabilità e quindi idonei a costituire e gestire SIM insospettabili.
In definitiva, personalmente ritengo l'intermediazione finanziaria un settore prioritario per la ricerca informativa sia per gli Organi di Polizia Giudiziaria che per i Servizi di Sicurezza, ai fini del contrasto del riciclaggio e, quindi, dell'attività criminale in genere.